La ricetta per salvare il progetto sembra offerta da quegli stessi soggetti che l’avrebbero scatenata: si tratta sempre di loro, cioè le banche
Perche é l’Europa a soffrire le conseguenze più gravi e prolungate della crisi economica che ha investito il mondo negli ultimi due anni? L’incapacità di affrontarla in maniere efficace, che poi è sintomo di un problema di leadership più profondo; ma davvero il mondo può fare a meno dell’Europa e dell’euro? A rispondere a queste domande ha tentato l’ex ministro del tesoro italiano, nonché ex presidente del consiglio e senior advisor di Deutsche Bank, Giuliano Amato: “il mondo non può fare a meno dell’euro”. Questa la secca risposta del politico riportata dai quotidiani. «Siamo in una situazione molto seria e dobbiamo dare una risposta sistemica alla crisi» ha tuonato, dalle reci televisive di Murdoch, il commissario Ue agli affari economici e monetari, Olli Rehn, prima del vertice sottolineando come le turbolenze finanziarie in atto rischiano di compromettere la già incerta ripresa economica del Vecchio Continente. Le teorie degli studiosi dicono che l’influenza delle economie europee sul panorama mondiale scenderà al di sotto del 10 per cento (rispetto all’attuale 20 per cento) in un paio di decenni, spiega Amato sul sole 24 ore. A fomentare ulteriormente le preoccupazioni per la fine dell’euro, la situazione dell’Irlanda, e il fatto che la crisi profonda di altri paesi potrebbe spazientire la Germania che “si riterrà così svincolata dall’obbligo storico di costruire l’Europa”. Tuttavia, secondo Amato, il modello europeo è il migliore al mondo (?), in quanto allergico alle diseguaglianze tra la parte povera e quella ricca della popolazione, è il più grande governo collettivo mai tentato e il più ambizioso progetto di pangea politico economica, per questo, secondo il giurista italiano, se a causa di qualche falla nella leadership europea, il progetto Europa non sopravviverà alla cri si, il fallimento si ripercuoterebbe sul mondo intero. La ricetta per salvare il progetto sembra offerta da quegli stessi soggetti che abbiamo visto l’avrebbero scatenata: le banche.
In questi giorni ci è stato rappresentato come nel piano europeo salva-Stati entreranno anche gli investitori privati, cioè le banche, mentre Bruxelles dà il via libera agli aiuti per lo Stato d’Irlanda. Sembra essersi così conclusa la giornata storica a Bruxelles, giornata dedicata a cercare di mettere ordine nel sistema di salvataggio dell’euro-zona. Passa quindi la linea della Merkel. L’Europa sarà più solida. D’altronde erano stati propri gli Stati forti europei: la vera oligarchia di questa pangea politico economica a non volere controlli che potessero “invadere” il loro spazio di manovra finanziaria. Ciò evidentemente ha determinato le quasi bancarotte di alcuni degli Stati aderenti a cui stiamo assistendo. Ora al dunque saranno le banche ad assumere il ruolo di timoniere del fondo salva Stati. Dopo che i ministri delle Finanze dell’Eurogruppo e dell’Ecofin hanno dato lo scontato imprimatur al piano di salvataggio per Dublino da 85 miliardi di euro in tre anni, di cui 35 per salvare le banche e 50 per le casse dello Stato, la Germania e la Francia hanno sottoposto, a sorpresa (ma non troppo!), un piano comune per attivare un meccanismo permanente anti-crisi che a partire dal 2013 coinvolga gli investitori privati e preveda la ristrutturazione dei bond di quei creditori dei paesi dell’eurozona in crisi di insolvenza. «La proposta non contiene sorprese per il mercato», ha detto il portavoce del governo tedesco memore delle polemiche provocate dalle prime dichiarazioni del cancelliere Angela Merkel per coinvolgere i privati nei salvataggi dopo il vertice di Deauville con il presidente Nicolas Sarkozy, i118 ottobre scorso. Per quello che riguarda l’Italia il cancelliere tedesco, riportano alcuni quotidiani nazionali avrebbe chiamato anche il premier italiano Silvio Berlusconi per cercare il sostegno sul meccanismo anticrisi. Il Primo ministro italiano ha evidenziato le priorità del nostro paese e invitato a prevedere che nel documento che parla di interventi dei privati si evidenzi che ciò avvenga solo se preliminarmente valutato «caso per caso» ; senza l’automaticità che i tedeschi volevano. Almeno in questo l’Italia ha dimostrato di rivendicare la propria sovranità di pensiero e non essere ricondotta al ruolo di notaio delle decisioni prese a tavolino dall’asse franco-tedesco. La proposta franco-tedesca prevede che dopo il 2013 i creditori di stati insolventi dell’area euro potrebbero subire ristrutturazioni, cioè perdite, attraverso dilazioni delle scadenze, del pagamento degli interessi e una riduzione del capitale. La riunione d’emergenza dell’Eurogruppo e dell’Ecofin ha quindi approvato anche l’atteso piano di aiuti per l’Irlanda.
L’Eurogruppo è stato chiamato a dare una risposta forte all’emergenza e al rischio contagio che sempre di più sta mettendo a dura prova la stabilità della zona euro. Mentre paesi come il Portogallo e la Spagna potrebbero essere (senza soverchi dubbi) le prossime vittime della speculazione sui mercati. Le parti si sono confrontate su come risolvere il problema degli aiuti in modo permanente visto che ormai tutti hanno capito che l’Unione monetaria non elimina il rischio: lo sposta, dal rischio di cambio al rischio di default. O come aveva detto senza mezzi termini il capo della Bundesbank Axel Weber: “La prossima volta che c’è un problema, (gli obbligazionisti) dovrebbero essere parte della soluzione anziché parte del problema”. Allora diciamolo: finora gli unici che hanno pagato per la soluzione sono i contribuenti. Anche il Presidente di turno dell’Ecofin, il ministro belga Didier Reynders, ha spiegato come, al di là del caso Irlanda, è stato fatto «il punto sulla situazione dell’insieme della zona euro», con l’Eurogruppo che dovrà dare prova di solidarietà ma anche di «resistenza di fronte agli schock» interni ed esterni. Ma da tutto quello che si è detto e si è sentito, o quanto meno è stato accessibile ai più. L’asse franco-tedesco è una realtà sempre più dominante con cui dobbiamo c dovremo fare i conti. A riprova di ciò l”inizio della riunione dell’Eurogruppo è stata preceduta da una conference-call tra due stati sovrani, rappresentati dalla germania e dalla francia e rispettivamente dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e dal presidente francese Nicolas Sarkozy da una parte, e dall’altra da organismi sovranazionali quali la Bce, la Ue e L’Eurogruppo, rappresentati rispettivamente dal presidente della Bce Jean-Claude Trichet, da quello della Commissione Josè Manuel Barroso, da quello della Ue Herman Van Rompuy e da quello dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker. Fin troppo pleonastico evidenziare come l’Italia sia nella sua dimensione di stato europeo che come incaricata di ruolo nell’ambito dell’Ue a questo tavolo non sedeva.
Tali soggetti hanno quindi redatto e sottoscritto. Il documento congiunto sul meccanismo permanente di salvataggio con l’intervento dci privati (le banche) predisposto da Parigi e Berlino. Solo dopo, tale documento congiunto, è stato sottoposto agli altri convenuti di pietra: i partners europei, per essere condiviso. Proprio dalla Germania, intanto, erano arrivati nei giorni scorsi i rumors di un possibile raddoppio del Fondo salva-Stati, quello creato in maggio dalla Ue per venire in soccorso dei Paesi euro in difficoltà . Fondo attualmente dotato di 440 miliardi di euro e che oggi è stato attivato per la prima volta per sostenere Dublino. Per quel che riguarda, invece, il piano di aiuti da 85 miliardi all’lrlanda la questione è chiusa. La ripartizione degli aiuti prevede una quota uguale a carico deJ Fondo salva-Stati della zona euro (Efsf), del bilancio Ue (Efsm) e dell’Fmi. A ciò si dovrebbe aggiungere una quota di prestiti bilaterali concessi da Regno Unito, Svezia e Danimarca. li tasso di interesse da applicare ai prestiti che Dublino dovrebbe ricevere nei prossimi tre anni sarà del 6 per cento, un po’ di più rispetto al 5,2 per cento della Grecia. Infine l’Fmi e l’Ue hanno esteso di quattro anni, passando da 6 a 10 anni, il periodo di ripagamemo del prestitodi 110 miliardi di euro alla Grecia per dare respiro al paese e lanciare un segnale di tranquillità ai mercati. Lo ha indicato Poul Thomsen, l’ispettore del Fmi incaricato di sorvegliare l’attuazione del piano di risanamento greco. Quindi tutto si risolve a colpi di interesse bancario. L’interesse detto anche Signoraggio monetario. L’impressione generale è che siamo davanti all’ennesima guerra di potere e supremazia europea dove,anziché tuonare i cannoni e le bombe gli stati vengono conquistati e dominati dalla supremazia monetaria . D’altronde la moneta è stata ed è, ora più che mai, il più forte ed efficace strumento di dominio. «Quando uno Stato dipende per il denaro dai banchieri, sono questi stessi e non i capi dello Stato che dirigono le cose. La mano che dà sta sopra a quella che prende. I finanzieri sono senza patriottismo e senza decoro», ammoniva l’imperatore francese Napoleone Bonaparte; mentre qualche tempo dopo gli faceva eco l’inglese Sir Josiah Stamp, ex direttore della banca d’Inghilterra (Al tempo ( 1928), ritenuto il secondo uomo più ricco d’Inghilterra dopo il re): «l banchieri possiedono la terra. Portategliela via ma lasciategli il potere di creare denaro e con un semplice schizzo d’inchiostro creeranno abbastanza soldi per comprarla nuovamente. Tuttavia, portategli via il potere di creare il denaro e tutte le grandi fortune come la mia scompariranno e dovrebbero scomparire perché in questo modo il mondo sarebbe un posto migliore e più felice da vivere. Ma se desiderate rimanere gli schiavi dei banchieri e pagare il costo della vostra schiavitù, lasciateli pure continuare a creare denaro». Al dunque il piatto europeo è servito al desco dei banchieri.
Meditate gente … meditate.
filadelfia
ott 17, 2012 -
Argomento molto interessante. Che dire. Mi e’ piaciuto.
Giuseppe
ott 19, 2012 -
Chiaro ed efficace!