Scritto da Salvatore Borsellino, mercoledì 29 maggio 2013

 Con una tempistica paragonabile soltanto a quella con cui il presidente Napolitano sollevò il conflitto di attribuzioni nei confronti della procura di Palermo relativamente a delle intercettazioni in cui era stato coinvolto, è arrivato, appena dopo la prima udienza per il processo che si svolge a Palermo per attentato al corpo politico dello Stato, la trattativa Stato-mafia, un provvedimento di arresto e detenzione per Massimo Ciancimino.

In questo processo Ciancimino è presente sia come testimone, per quella parte delle sue accuse che è stata riscontrata, sia come imputato di calunnia, probabilmente a causa di una trappola ordita da chi gli ha messo in  mano, con un riferimento a De Gennaro, un documento grossolanamente contraffatto.

Giovanni De Gennaro

Nel primo caso si trattava di di una serie di intercettazioni relative a colloqui con Nicola Mancino, allora indagato e poi imputato di falsa testimonianza proprio nel processo sulla trattativa. Eppure di quelle intercettazioni, per la prima volta nella nostra storia giudiziaria, non era trapelata dalla Procura di Palermo neppure una sillaba.

Nicola Mancino

Nel secondo caso si tratta di una indagine risalente al 2009 per frode fiscale per cui viene preso, a distanza di anni e nel momento meno opportuno, o più opportuno, a seconda dei punti di vista, un provvedimento inusuale per questo tipo di reati ed anche inutile dato che non si può ipotizzare il pericolo di fuga per una persona già  sottoposta a misure di sorveglianza e di restrizione della libertà  come Massimo Ciancimino.

A parte gli effetti sull’iter del processo sono seriamente preoccupato per l’incolumità  fisica di Massimo Ciancimino.  

In un paese in cui le carceri sono stai teatri di eliminazioni con caffè alla stricnina come quelli di Gaspare Pisciotta e di Michele Sindona, di suicidi assistiti e infarti pilotati (questi ultimi peraltro non solo dentro le carceri) e di messa in atto di mezzi dissuasivi come sembrano essere quelli adottati per Provenzano nel momento  in cui era stata soltanto ipotizzata l’ipotesi che potesse avviare una qualche fase di collaborazione, non potrei non esserlo nei confronti di un uomo a cui, al di la delle critiche di protagonismo e di voglia di apparire che lo  hanno portato in certi momenti a parlare più con i giornalisti che con i magistrati, riconosco la sincerità  dei motivi che lo hanno portato alla sua scelta di collaborazione e il merito di avere dato i primi elementi per fare diventare la “presunta trattativa” un qualcosa di reale e di riscontrabile tanto da costringere vari uomini delle istituzioni a rompere una ventennale congiura del silenzio.  

A Massimo Ciancimino non posso che consigliare di astenersi dal bere caffè, di farsi rilasciare da uno specialista un certificato sullo stato del suo cuore e del suo apparato di circolazione, di scrivere una lettera sulla sua assoluta non propensione al suicidio e di mantenersi in stretto contatto con i suoi avvocati ed i suoi familiari nel caso di messa in opera di azioni dissuasive o persuasive come quelle probabilmente adoperate nei confronti di Bernardo Provenzano.

Salvatore Borsellino

tratto da: http://www.19luglio1992.com/