L'ex aiutante di Benedetto XVI è stato riconosciuto colpevole di aver rubato carte riservate della segreteria papale. La sentenza è diventata definitiva non essendo stato richiesto appello – spiega padre Lombardi – . Ma la grazia non è esclusa.Le teorie dei complotti?: “Si sono rivelate completamente infondate”. L’ex maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele, e’ entrato in carcere. La sentenza di primo grado a suo carico è diventata definitiva non essendo stato richiesto appello. Lo riferisce il direttore della sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, secondo cui comunque resta aperta “la possibilità della grazia”. Atto, specifica il prelato, che presuppone la richiesta di perdono a papa Ratzinger. “La grazia presuppone la richiesta di perdono”. “In rapporto alla misura detentiva rimane l’eventualità della concessione della grazia, che, come ricordato più volte, è un atto sovrano del Santo Padre. Essa tuttavia presuppone ragionevolmente il ravvedimento del reo e la
sincera richiesta di perdono al Sommo Pontefice e a quanti sono stati ingiustamente offesi”. E’ quanto si legge nel comunicato diffuso dalla Segreteria di Stato.”Se rapportata al danno causato – si afferma ancora – la pena applicata appare al tempo stesso mite ed equa, e ciò a motivo della peculiarità dell’ordinamento giuridico dal quale promana”. Con il passaggio della sentenza in giudicato, Gabriele “dovrà scontare il periodo di detenzione inflitto. Si apre inoltre a suo carico la procedura per la destituzione di diritto, prevista dal Regolamento Generale della Curia Romana”. ” Comunque Le varie congetture circa l’esistenza di complotti o il coinvolgimento di più persone si sono rivelate, alla luce della sentenza, infondate”, spiega padre Lombardi. “Il dibattimento ha potuto accertare i fatti, appurando che Gabriele ha messo in atto il suo progetto criminoso senza istigazione o incitamento da parte di altri, ma basandosi su convinzioni personali in nessun modo condivisibili”. La Segreteria di Stato ne ha sottolineato la gravità dell'azione commessa dal maggiordomo: “è stata recata un'offesa personale al Santo Padre ; si è violato il diritto alla riservatezza di molte persone che a lui si erano rivolte in ragione del proprio ufficio; si è creato pregiudizio alla Santa Sede e a diverse sue istituzioni; si è posto ostacolo alle comunicazioni tra i vescovi del mondo e la Santa Sede e causato scandalo alla comunità dei fedeli. Infine, per un periodo di parecchi mesi è stata turbata la serenità della comunità di lavoro quotidianamente al servizio del Successore di Pietro”. La Segreteria di Stato ha precisato anche come il “procedimento giudiziario si è svolto con trasparenza, equanimità , nel pieno rispetto del diritto alla difesa. Ha messo in atto il suo progetto criminoso senza istigazione o incitamento da parte di altri, ma basandosi su convinzioni personali in nessun modo condivisibili. Le varie congetture circa l'esistenza di complotti o il coinvolgimento di più persone si sono rivelate, alla luce della sentenza, infondate”. Con il passaggio della sentenza in giudicato il sig. Gabriele dovrà scontare il periodo di detenzione inflitto. Si apre inoltre a suo carico la procedura per la destituzione di diritto, prevista dal Regolamento generale della Curia Romana. Il perdono papale, la Segreteria di Stato parla dell'eventualità della concessione della grazia, che, “è un atto sovrano del Santo Padre”. Essa tuttavia presuppone ragionevolmente il ravvedimento del reo e la sincera richiesta di perdono al Sommo Pontefice e a quanti sono stati ingiustamente offesi. Orbene il codice canonico si preoccupa di disciplinare in maniera specifica i singoli e diversi atti amministrativi, dedicando il libro primo alle norme generali, il cui titolo IV disciplina gli atti amministrativi singolari, il capitolo IV va ad esaminare i privilegi (can. 76-84). Il Canone 76 definisce il privilegio: “ossia una grazia in favore di determinate persone, sia fisiche sia giuridiche, accordata per mezzo di un atto peculiare, può essere concesso dal legislatore come pure dall'autorità esecutiva cui il legislatore abbia conferito tale potestà . Il possesso centenario o immemorabile induce la presunzione che il privilegio sia stato concesso”. Nel giudizio ecclesiastico le grazie sono concesse per “atto speciale” , andando a stabilire per determinate persone una condizione più favorevole da quella sancita dal diritto comune. Tale istituto può essre concesso per mezzo di un atto denominato “rescritto”. Can. 59 Per rescritto s'intende l'atto amministrativo dato per iscritto dalla competente autorità esecutiva, per mezzo del quale, di sua stessa natura, su petizione di qualcuno, viene concesso un privilegio, una dispensa o un'altra grazia. Un piccolo cenno merita il Pontefice come istituzione, esso è capo della gerarchia della chiesa , successore di Pietro, capo del collegio episcopale, è vicario di Cristo in terra, è pastrore della chiesa universale, la sua potestà è suprema perché al di sopra di qualsiasi potestà esistente nella chiesa, contro le sue sentenza e i suoi decreti non c'è né appello, né ricorso. La grazia è un atto sovrano del Santo Padre essa tuttavia presuppone ragionevolmente il ravvedimento del reo e la sincera richiesta di perdono al Sommo Pontefice e a quanti sono stati ingiustamente offesi. E fin qui tutto tacito . Ora pero’ il Can. 76 – riferisce del privilegio, ossia quale grazia in favore di determinate persone, sia fisiche sia giuridiche, accordata per mezzo di un atto peculiare, può essere concesso dal legislatore come pure dall' autorità esecutiva cui il legislatore abbia conferito tale potestà .
Il possesso centenario o immemorabile dell’autorità esecutiva induce la presunzione che il privilegio sia stato concesso. Il Segretario infedele è da intendersi quindi salvo per grazia papale e tutti vissero felici e contenti!