Sul Movimento Cinque Stelle (M5S) nelle ultime settimane si è scritto di tutto, ma la grande stampa italiana ha espresso perlopiù giudizi fortemente negativi, al punto da considerare Grillo un pericolo per la democrazia, un fascista, uno stalinista, un antisemita e così via. Sciocchezze, ma che rivelano l’irrimediabile ottusità  della classe dirigente italiana (giornalisti e intellettuali compresi) ormai incapace di comprendere la realtà  del nostro Paese.

Con questo non vogliamo affermare che il M5S non sia una incognita. Indubbiamente il movimento politico di Grillo manca di un collante ideologico e di una salda dottrina politica e strategica. Perciò, tradimenti e voltafaccia vari è molto probabile che ci saranno. Ma non è affatto scontato che sarà  il “trasformismo” che caratterizzerà  l’operato del M5S in Parlamento.

Intanto, si dovrebbe prendere atto che il M5S è riuscito nella non facile impresa di “uscire” da internet e di togliere la “piazza” alla sinistra interpretando il malcontento e la rabbia di milioni di italiani che stanno sperimentando sulla propria pelle il fallimento della “terapia” del commissario Monti.  Una “terapia” – non lo si deve dimenticare – impostaci dalla BCE (che è la  propaggine della finanza angloamericana in Europa) e condivisa sia dal PD che dal PDL.  E che ha portato il nostro Paese sull’orlo del baratro e ad avere una disoccupazione giovanile ben oltre il 30%, nonostante un avanzo primario del 5% (ovvero al netto degli interessi sul debito pubblico).

Durante l’anno orribile del governo Monti, però la parola d’ordine del PD e dello stesso PDL è stata una sola: privatizzare. Privatizzare come negli ultimi decenni. Ovvero (s)vendere ai “mercati” l’Italia e gli italiani, perché “lo chiede l’Europa”. Adesso che il risultato di tale politica è sotto gli occhi di tutti si tratta quindi di capire se il M5S non rimarrà  prigioniero dell’”antipolitica” (cioè di una generica, benché comprensibile e condivisibile, protesta contro il sistema politico) e saprà  invece interpretare la rabbia degli italiani in una nuova chiave (geo)politica che possa bloccare, o perlomeno ostacolare, il”tritacarne” della finanza angloamericana.

Certo ci aspettano mesi  se non anni duri. Anzi durissimi. Monti ha dichiarato che teme la reazione dei “mercati”. E questi già  fanno sentire la loro voce. Ma tutti sappiamo “chi” sono i “mercati” e che cosa vogliono. Sarebbe necessario allora elaborare una linea di “azione strategica” che permetta di opporsi con successo ai “mercati”. Vero che non è facile e che la situazione è gravissima. Guai ad illudersi. Ma margini di manovra ci sono, se strangolare l’Italia significa sfasciare Eurolandia. E questa è una “carta” che il nostro Paese dovrebbe giocare bene. Fondamentale è saper far leva sull’economia reale (PMI, settori strategici, ricerca etc.). In primo luogo, si dovrebbe ridefinire la partecipazione dell’Italia ad Eurolandia e la stessa struttura politica dell’Unione Europea. Al riguardo, però è degno di nota che Mauro Gallegati, l’esperto economico del M5S, abbia precisato che il M5S non vuole «uscire dall’euro e abbandonare l’Europa, ma le strade sono due: una vera unione politico-monetaria o due zone Euro, una per la Germania e i paesi più forti, l’altra per i Paesi più deboli».

D’altronde, vi è pure da prendere in considerazione la delicata questione della politica estera, che incide sempre di più sulla realtà  economica e sociale dei singoli Paesi. Da dove “proviene” la crisi è noto; e pure perché abbia avuto inizio proprio negli Stati Uniti. Né è un caso che le “mani” che controllano i “mercati” siano tutte a “stelle e strisce”. Sicché, certe affermazioni di Grillo sull’Iran e sulla Siria e soprattutto la sua condanna della politica di potenza d’Israele, nonché il fatto che il M5S sia nettamente contrario al MUOS, giustificherebbero un certo ottimismo. Il condizionale però è d’obbligo essendoci ancora, anche sotto questo profilo, non poche “zone d’ombra”, in particolare per quanto concerne i rapporti con i nuovi attori geopolitici sullo scacchiere mondiale (BRICS, SCO etc.), che sono destinati avere un ruolo sempre maggiore nel prossimo futuro ed avere di conseguenza sempre più importanza per lo sviluppo dell’economia e della società  europea. Ma è improbabile (ma non “impossibile”) che il M5S non metta in discussione la politica filoatlantista del nostro Paese, dato che insiste sulla necessità  di mettere fine alle nostre missioni militari all’estero, che sono solo in funzione dei progetti di egemonia globale degli Stati Uniti.

Insomma, il successo del M5S, al di là  di facili ed “superficiali” entusiasmi, non solo non è irrilevante, ma potrebbe veramente cambiare, almeno in parte, il volto politico del nostro Paese. Comunque sia, un po’ di sabbia nel “tritacarne” ora c’è. Ed è un fatto positivo, anche se non è ancora una autentica inversione di tendenza. Peraltro, tanto i partiti del centrodestra quanto quelli del centrosinistra non solo sono in buona misura responsabili della drammatica situazione in cui si trova l’Italia, ma, come dimostra la stessa vicenda del Monte dei Paschi di Siena, sono tutti ricattabili. A tale proposito, si dovrebbe tener presente quanto scrivono Stefano Sylos Labini e Giorgio Ruffolo, ossia che «l’'attesa spasmodica del giudizio dei mercati assume i tratti di un imperscrutabile destino e rivela fino a che punto è stata compromessa la sovranità  politica delle democrazie […] Da un lato c'è un mercato finanziario dominato da grandi concentrazioni di potere e perfettamente integrato a livello mondiale, che può condizionare le politiche dei governi.  Dall'altro ci sono i governi che ne subiscono il ricatto».

E’ allora contro questo ricatto che il M5S si deve battere, se ha a cuore non gli interessi di quel 10% della popolazione che detiene quasi il 50% della ricchezza nazionale, bensì le sorti del popolo italiano. Ed è questa la “conditio sine qua non” per eliminare corruzione, malcostume e inefficienza senza distruggere la base produttiva del nostro Paese. 

Tuttavia, questo lo può fare solo la “politica”. Il M5S dovrebbe pertanto, a nostro giudizio, evitare di confondere la funzione politica, oggi più che mai necessaria e decisiva, con i politicanti inetti e corrotti o con le stesse istituzioni politiche, che naturalmente non sono state delegittimate da Grillo, ma, per così dire, si sono delegittimate da sole. In ogni caso, siamo sicuri che nei prossimi mesi, se non addirittura nelle prossime settimane, molti dubbi saranno chiariti.

E dato che non ignoriamo quali sono i motivi che spingono gazzettieri e politicanti ad accusare il M5S di essere un movimento “populista”, non abbiamo nemmeno difficoltà  ad ammettere che non ci dispiacerebbe che tale accusa si rivelasse non del tutto infondata, pur augurandoci, per il bene degli italiani, che il M5S “cresca” il più rapidamente possibile, sia dal punto di vista della cultura politica sia da quello politico-strategico.

Se invece ci fossimo sbagliati e il M5S si dovesse rivelare un movimento politico funzionale al sistema di potere “euroamericano”, è ovvio che non si tratterebbe solo di una buona occasione persa. E le conseguenze per il nostro Paese sarebbero disastrose.

Tratto da : http://www.laltrasicilia.org/modules.php?name=News&file=article&sid=1973