La Procura di Palermo è ormai da tempo sotto attacco da parte di pezzi dello Stato chiaramente deviati.
L’ultimo episodio di questo colpo di teatro è la missiva anonima intitolata “Esposto” .
Trattasi dell’esposto che un anonimo ( ma poi è cosi’ anonim ? ) ha fatto recapitare per posta alla Procura di Palermo. La cronista del giornale on line “Antimafia 2000″ , sempre ben informata, ha ben riassuntato il contenuto dell’esposto riportando che sono circa una decina gli episodi elencati nella missiva anonima che il 18 settembre è stata recapitata al pm di Palermo Nino Di Matteo, sui quali la Procura di Caltanissetta e la Dia hanno avviato degli accertamenti.
Suggerimenti, o meglio spunti investigativi e veri e proprie indicazione di colpevolezza con tanto di nomi e cognomi, degni di essere approfonditi perché ricchi di dettagli che solo un addetto ai lavori potrebbe conoscere.¨ Secondo il parere degli inquirenti “l'autore” della lettera “o gli autori”, “provengono dai servizi di sicurezza o dalla polizia giudiziaria”. Se così non fosse, hanno concluso, “è quello che vogliono farci credere”. Ciò significa che potremmo essere di fronte all'ennesima azione di depistaggio. ¨L'anonimo “adiuvandum”, definito in questo modo proprio per il carattere collaborativo della sua lettera, potrebbe essere anche solo un semplice ex carabiniere che partecipò ad operazioni militari poco chiare negli anni delle stragi del '92 “ '93 che avrebbe deciso di raccontare la verità , facendo nomi e cognomi e indicando al magistrato titolare dell'inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, Nino Di Matteo, di cui sembra fidarsi molto, le strade ancora da percorrere per arrivare a una verità mai rivelata. Una verità ancora lontana, come quella sulla sparizione dell'agenda rossa di Paolo Borsellino. L'anonimo avrebbe scritto nero su bianco il nome del “carabiniere” che prese in custodia l'agenda del magistrato appena assassinato in via d'Amelio ed elencato i soprannomi degli agenti che parteciparono all'incursione a casa di Totò Riina, subito dopo l'arresto del 15 gennaio 1993. Un blitz, a suo dire, taciuto ai magistrati di allora guidati da Giancarlo Caselli, col preciso intento di trafugare dal covo documenti compromettenti. “Si tratta di carte scabrose”, spiega l'anonimo informatore nelle 12 pagine vergate sotto lo stemma della Repubblica italiana, che sarebbero state conservate per lungo tempo in una caserma del centro di Palermo. “Ci sono catacombe all'interno dello Stato sepolte e ricoperte di cemento armato, ma alcune verità si possono ancora trovare”. “La trattativa con la mafia c'è stata ed è tuttora in corso”. Poi a Di Matteo dice: “Si fidi solo di Ingroia”. Ed ancora, un appello a guardarsi le spalle da un traditore all'interno la Procura: vi è un magistrato di cui il pool sulla trattativa “non dovrebbe fidarsi”. Infine, l'avviso ai magistrati che stanno lavorando all'indagine: “Siete spiati da qualcuno che canalizza verso Roma le informazioni che carpiscono sul vostro conto”. Avvertimenti precisi e in alcuni casi riscontrati e , anche se in modo frammentato , puntualmente riportati dalla cronaca locale e nazionale e che da circa un anno i magistrati di Palermo hanno raccolto in un fascicolo, una mezza dozzina di casi in cui vi è traccia di pedinamenti, computer manomessi, paura di microspie all'interno degli uffici, chiamate misteriose ricevute su utenze riservate da schede internazionali. ¨Tra i vari casi, quello che ha riguardato l'inseguimento di un agente della Dia che collabora con Di Matteo all'inchiesta sulla trattativa. Era il dicembre 2011, il militare si era accorto di essere seguito mentre raggiungeva il Tribunale. Era entrato così dentro il Palazzo di Giustizia avvertendo i compagni della sua sezione che si erano messi in moto per effettuare il contro pedinamento. Si scopriva che il pedinatore era un carabiniere. ¨Un mese prima, il sostituto procuratore Lia Sava entrando nel suo ufficio si era accorta che la porta era rimasta socchiusa, aveva quindi stilato una relazione di servizio. Dopo pochi giorni notava che il coperchio del suo modem era sollevato. Furono chiamati i militari del Ros per controllare la possibile presenza di microspie nella stanza. La verifica rivelò che un filo dell'alimentazione era stato tagliato e risistemato con lo scotch. L'indagine su questo episodio è ancora aperta presso la Procura di Caltanissetta. ¨Anche il sostituto procuratore Roberto Tartaglia, ad appena un mese dal suo ingresso nel pool, aveva iniziato a ricevere ogni sera telefonate mute da numeri internazionali non rintracciabili. ¨Nell'ottobre 2012 i sostituti Tartaglia e Di Matteo, recatisi in una località segreta per ascoltare un testimone, ricevevano la visita di un uomo che aveva dimostrato di conoscere molti particolari sui motivi della loro trasferta. Tempo prima gli agenti di scorta di Di Matteo avevano trovato una sbarra di ferro, usata solitamente per aprire i tombini, nascosta nell'aiuola del suo giardino. Qualche mese dopo, la scorta del magistrato scopriva che qualcuno aveva armeggiato dentro una cassetta elettrica all'interno pianerottolo della sua abitazione. ¨Tutti casi , riportati dai media , e da cui s'intravedono segni d'inquietante intimidazione e d'intervento esterno teso a controllare in tempo reale le mosse dei magistrati che indagano sui rapporti Stato “ mafia nell'inchiesta sulla trattativa del '92. Episodi che saranno allegati al fascicolo contenente la lettera del Corvo la quale pur essendo inutilizzabile giuridicamente, ha spiegato il Procuratore di Caltanissetta Sergio Lari, essendo appunto inviata da fonte anonima, “apre comunque nuovi scenari che saranno oggetto di un doveroso approfondimento”.
Si resta in attesa di leggere gli esiti dell’approfondimento.
Informazione tratta da http://www.antimafiaduemila.com/2013010540502/primo-piano/il-corvo-depistaggi-e-spie-dietro-il-lavoro-dei-procuratori-di-palermo.html