La Presidente del Fondo Monetario Internazionale esorta gli elettori italiani a votare “bene” alle prossime politiche.

Secondo uno studio condotto dal Fondo Monetario Internazionale pubblicato ieri, l’Italia potrebbe superare il momento di crisi e finalmente tornare a crescere se solo comprendesse che attuare una serie di riforme strutturali, come nuove liberalizzazione ed una maggiore flessibilità  del mercato del lavoro che, di fatto, porterebbero una ventata di crescita al paese con un aumento del Pil di ben sei punti percentuali.

Se si rispettasse il piano del Fondo,infatti, dichiara il direttore di Fmi Christine Lagarde, seguendo nel dettaglio le misure, si aumenterebbe facilmente il Pil lordo del 5,7% nei primi 5 anni e del 10,5% nei primi dieci. Se poi, seguendo sempre con attenzione le direttive del fondo, il governo aggiungesse anche un taglio del cuneo fiscale, compensato anche da investimenti pubblici mirati, ci sarebbe nei fatti una crescita dell’8,6% dopo un quinquennio e del 21,9% dopo un decennio.

E quanto fatto fin ora dal Governo Monti, continua Chrisine Lagarde, non riesce a seguire a pieno le direttive da attuare per la crescita italiana dal punto di vista del lavoro che, invece, dovrebbe concentrarsi su tre punti chiave: aumento della concorrenza, inefficienza dei servizi pubblici, rigidità  del mercato del lavoro.

Secondo l’Fmi, infatti, la chiave per una maggiore crescita italiana risiederebbe nel settore dell’energia, con imprese italiane finalmente sgravate dal peso di un’elettricità  troppo costosa da pagare ( le imprese italiane, infatti, pagano per elettricità  e affini il doppio dei concorrenti esteri). Inoltre per migliorare la condizione italiana si dovrebbe “sciogliere” la legislazione nelle professioni – l’Italia, purtroppo, ha in questo settore una delle legislazioni più restrittive dei Paesi industriali.

Infine, tra le proposte dell’Fmi, spicca la possibilità  di chiudere i contratti aziendali con lo stato, prima-o di concordare di avere come riferimento i contratti nazionali- e di attuare una differenza salariale a livello regionale per il settore pubblico poi. Questo, di fatto, sempre secondo l’Fmi, aiuterebbe una maggiore flessibilità  salariale a livello regionale anche nel settore privato.